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Il Parent Training : quando i genitori sono al centro dell’intervento
giovedì, aprile 05, 2018Marianna ArduStudio Valori - Percorsi di sostegno alla coppia genitoriale
Il Parent Training non è un manuale per diventare genitori perfetti, ma è un percorso di sostegno alla coppia genitoriale, un percorso attraverso cui si possono fornire nuovi strumenti ai genitori in difficoltà.
Purtroppo in Italia è ancora poco diffuso nonostante ci siano prove evidenti della sua efficacia specialmente nella gestione dei bambini che presentano serie difficoltà o che hanno importanti psicopatologie.
La diffidenza e la poca conoscenza di questo approccio terapeutico comporta la presa in carico parziale del bambino e della sua patologia.
La famiglia: una risorsa fondamentale
Spesso non ci si rende conto di quanto il lavoro con la famiglia sia importante ai fini della riuscita del percorso terapeutico con il minore, questo essenzialmente per i seguenti motivi:
• La famiglia è la prima risorsa del bambino
• I genitori sono coloro che amano maggiormente il bambino, lo conosco più di chiunque e sono responsabili di lui
• Il benessere del bambino passa attraverso il benessere dei suoi familiari
• Genitori e professionisti hanno una motivazione in comune: il benessere del bambino.
Aiuto! Devo andare anche io dal terapeuta?
Quando il terapeuta che segue il bambino incontra i genitori e propone loro il percorso con un secondo professionista di solito le reazioni della coppia non sono positive, questo è del tutto comprensibile perché mettersi in gioco non è mai facile. Inoltre molti genitori non vedono l’utilità di seguire questo consiglio che richiede comunque costi emotivi, di tempo e di denaro in quanto ritengono che il problema evidentemente sia da imputarsi al bambino e non a loro.
Come accade per le terapie individuali anche nel Parent Training ci sono delle resistenze più o meno forti, che devono essere considerate:
• La paura di essere giudicati dal terapeuta dei genitori non adeguati.
• La paura di venir valutati come coppia e di dover raccontare aspetti della loro vita intima.
• Il più grande dei timore è quello poi relativo al cambiamento con la tendenza a mantenere l’omeostasi e l’equilibrio fino ad ora raggiunto.
Se non si tengono conto di questi fattori l’alleanza terapeutica non può instaurarsi e il lavoro non può proseguire.
Come il terapeuta può aiutare la famiglia?
Il Parent Training è uno strumento di formazione e di potenziamento delle competenze genitoriali: tali competenze si possono apprendere e sviluppare e devono essere sostenute di fronte a situazioni particolari o difficili che si creano in famiglia.
Spesso si ritiene erroneamente che solo i genitori “speciali” cioè quei genitori che hanno un bambino con difficoltà specifiche o con patologie gravi abbiano necessità di tale percorso. In realtà in tutte le famiglie può succedere di vivere dei momenti di smarrimento, di fronte ai quali non si sa cosa fare o come comportarsi (fase adolescenziale, separazioni, difficoltà specifiche legate ad uno o entrambi i genitori).
Per ripristinare il ruolo del genitore all'interno del contesto famigliare è dunque importante prendersi del tempo per approfondire quelle che sono le proprie competenze, chiedendo, quando necessario, l’aiuto e il sostegno di un professionista.
L’obiettivo principale del Parent Training è quello di rinforzare le abilità di base di un genitore aiutandolo a riappropriarsi del suo ruolo all'interno del contesto famigliare.
Senza entrare nello specifico delle terapie per genitori di bambini con patologie specifiche, i benefici di un tale percorso si riflettono su più fronti:
• Il terapeuta può aiutare ad evidenziare l’importanza di dare chiare istruzioni, di rinforzare positivamente i comportamenti accettabili e ignorare invece quelli problematici. Mostrare come utilizzare in modo efficace le punizioni atte a migliorare il comportamento del figlio.
• Far acquisire ai genitori le informazioni necessarie per comprendere meglio il comportamento del bambino ed eventualmente correggere convinzioni erronee in fatto di pratiche educative.
• Ampliare le capacità di problem solving della coppia genitoriale e delle procedure di modificazione del comportamento per affrontare i problemi presentati dal bambino.
• Individuare i modi di pensare abituali.
• Correggere e modificare le modalità di pensiero disfunzionali.
• Lavorare con la coppia genitoriale sull'auto-accettazione: ad esempio, la maggior parte tende a fare valutazioni globali su di se o sui figli etichettando spesso il proprio figlio come “cattivo” “ maleducato” “aggressivo” “disubbidiente”. Da qui la necessità di imparare a correggere gli errori di iper-generalizzazione e a distinguere le valutazioni sul comportamento separandole da quelle sulla persona.
In conclusione è fondamentale aiutare i genitori ad essere consapevoli di non essere un problema o dei colpevoli, ma delle risorse, soprattutto nel caso di figli che vivono delle difficoltà.
Accade troppe volte che i genitori siano esclusi o si sentano esclusi dal percorso di cambiamento e di sviluppo del figlio con la conseguente tendenza a delegare la responsabilità della riuscita del percorso al professionista che segue il minore. Sarebbe auspicabile invece restituire il potere alla coppia di genitori perché è proprio il loro ruolo a poter fare la differenza.
Dr.ssa Antonella Brugo,
psicoterapeuta
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Studio Valori si prepara per la Pasqua... Torniamo Martedì 3 Aprile!
Ci stiamo preparando alle festività pasquali e ne approfittiamo per dirvi che lo studio rimarrà chiuso esclusivamente nella giornata di lunedì 2 Aprile.
Un augurio di serenità da Loredana e Giulia
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frequenti. Molti genitori chiedono aiuto perché “le hanno provate tutte” ma il loro bambino non
ascolta, non obbedisce, risponde male, detta legge in casa ecc....
Gli adulti si trovano quindi in difficoltà e i bambini non si sentono capiti.
Ma come mai questo fenomeno è in aumento?
Le cause possono essere molteplici, alla base c'è un cambiamento sociale e di ritmo di vita,pensate che fatica facciamo noi adulti a stare dietro a questi ritmi frenetici, perchè non dovrebbe fare la stessa fatica anche vostro figlio? Con la differenza che lui deve sottostare ai vostri ritmi senza aver diritto a decidere i suoi tempi e modi per fare le cose.
Sempre più spesso, infatti, si richiede ai bambini fin da piccolissimi, di mostrarsi in grado di
adattarsi a nuove situazioni e a “saper fare” molte cose.
Crescendo queste richieste aumentano, ma non sempre i bambini sono in grado di adattarsi a
questi ritmi, ecco allora che arriva la rabbia!
La rabbia, insieme alla gioia, la tristezza, la paura, il disgusto e la sorpresa, fa parte di quel
gruppo di emozioni dette emozioni di base.
Sono emozioni innate ed universali che si attivano automaticamente in risposta a determinate situazioni.
In particolare quando si attiva la rabbia?
I circuiti neuronali della rabbia fanno parte di quella parte del nostro cervello più arcaicaquella parte che abbiamo in comune con i nostri antenati e con alcuni mammiferi, questo già
ci fa capire come questa emozione abbia una funzione adattiva cioè che serve alla
sopravvivenza.
L'attivazione di questi circuiti neuronali avviene quando ci sentiamo minacciati, il nostro
istinto fa si che si attivino questi sistemi di sopravvivenza che attivano diverse risposte di fronte ad una minaccia, tra cui l'attacco.
Come si manifesta?
Si manifesta in modi differenti in base alla persona, ma soprattutto in base al periodoevolutivo del bambino:
- 12/18 mesi: il bambino è oppositivo (dice sempre no), urla, ha reazioni di pianto eccessive, presenta agitazione motoria. Ricordiamo che in questo periodo il bambino
- inizia a staccarsi dalla mamma ed è normale e sano che manifesti un certo grado di opposizione per individuarsi e comprendere i suoi stati interni.
- 24/36 mesi: iniziano capricci, sfide, opposizioni, rigidità.
- 4 e 5 anni: compaiono anche i conflitti con i coetanei.
- dai 6 anni: Si manifesta con lamentele e risposte ostili.
- preadolescenza: periodo più delicato, i bambini iniziano a discostarsi dal mondo dell'infanzia e spesso sono confusi e arrabbiati, iniziano le sfide, le rivendicazioni e
- le drammatizzazioni.
Questo cosa vuol dire?
Che quando un bambino si arrabbia, c'è sempre una ragione; magari è una ragione che noinon comprendiamo e magari neanche lui riesce a capire, ma sicuramente c'è.
Ricordiamoci, inoltre, che a volte la rabbia nasconde altre emozioni come la tristezza o la
delusione, ma di cui i bambini non riescono ad essere consapevoli . Compito dell'adulto è
aiutarli a riconoscerle per poter far sentire al bambino che tutto ciò che prova è normale e
che noi saremo pronti ad aiutarlo nel momento del bisogno.
Come affrontare la rabbia?
I bambini arrabbiati vanno accolti, vanno ascoltati e capiti, inoltre tutta questa rabbia inqualche modo dovrà essere “scaricata”, quindi pensiamo insieme al bambino un modo
funzionale per sfogare questa rabbia!
Sarà un modo per far sentire il bambino padrone di se stesso e del proprio corpo e per farsi
sentire accolto da voi che sarete pronti ad ascoltarlo.
Ovviamente questo non vuol dire lasciare “correre” le sue esplosioni di rabbia, specie se causa del male a se stesso, a qualcuno o rompe oggetti ecc... Va ripreso (mai minacciati) spiegando
che quel comportamento è sbagliato, se così non fosse gli fareste capire che quel modo per
sfogare la abbia è giusto e inconsapevolmente dareste un rinforzo positivo a dei comportamenti disfunzionali.
Fare i genitori non è facile, saper ascoltare i figli e se stessi è un duro lavoro che va costruito insieme, ma l'accoglienza e la comprensione dei vostri bambini è una cosa importante.
La gestione della rabbia, mette inoltre in discussione anche gli adulti, che spesso non sanno
bene in prima persona come gestirla, come agirla, se manifestarla o meno, a volte la rabbia non manifesta si può tradurre in aggressività passiva che viene comunque sentita e percepita, ma allora come poter esprimere nel modo giusto questa emozione che tanto ci spaventa?
La risposta, ovviamente non è universale e spesso solo nel confronto con gli altri riusciamo
a comprendere meglio parti di noi.
Proprio per questo lo studio VaLori propone degli incontri dedicati ai genitori che vogliano
un confronto e delle rassicurazioni.
Per ulteriori chiarimenti rimaniamo a vostra disposizione
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Logopedia
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Alimentazione nei bambini e Logopedia
giovedì, gennaio 25, 2018Marianna ArduFunzioni orali e alimentazione nel bambino
La bocca, una parte estremamente importante del nostro corpo, è di fatto un’apertura verso il mondo esterno ed è proprio qui che avvengono le funzioni orali ovvero la respirazione, l’articolazione dei suoni del linguaggio, la masticazione, la deglutizione e la suzione nei neonati.Queste abilità maturano nel corso degli anni ed è estremamente importante prendersene cura sin dalla nascita, in quanto ogni cosa che il bambino mangia nei primi anni di vita ed il modo in cui la mangia, contribuisce allo sviluppo osseo e muscolare della bocca.
Non sono importanti solo gli alimenti forniti al bambino ma anche gli ausili usati per la somministrazione (biberon, cucchiaini, bicchieri etc.), perché se usati in maniera scorretta possono alterare lo sviluppo delle strutture anatomiche del volto (arcata dentale, ossa del palato, ossa degli zigomi, articolazione temporo-mandibolare) creando alterazioni e disequilibri al distretto oro facciale, che il più delle volte necessitano di correzione con apparecchi ortodontici.
I genitori, spesso, non sono informati, per esempio, sul fatto che l’uso del biberon soprattutto con una tettarella troppo lunga, o troppo usata o ancora troppo rigida determinerà in futuro alterazioni delle ossa del palato, malocclusioni delle arcate dentali e disordine di articolazione dei suoni del linguaggio.
L’alimentazione del neonato ha inizio con l’allattamento al seno, che inizialmente avverrà in maniera grossolana, ma, tramite l’esperienza e lo sviluppo muscolare si affinerà quest’abilità. In alcune situazioni risulta difficoltoso l’attaccamento al seno, in questi casi è utile indagarne meglio la causa rivolgendosi ad un logopedista o ad un foniatra specializzato nelle funzioni orali, talvolta un frenulo corto può passare inosservato ed essere la causa di difficoltà nella suzione.
Con il passare dei mesi il bambino migliorerà nella coordinazione buccale e lo sviluppo gastrico sarà pronto per ricevere alimenti diversi dal latte materno, attorno ai 6 mesi è quindi possibile iniziare lo svezzamento utilizzando alimenti omogeneizzati, semplici da gestire a livello orale, inserendo successivamente alimenti cremosi e poi a doppia consistenza, riducendo progressivamente l’assunzione del latte e dunque del biberon qualora fosse utilizzato; tali alimenti possono essere assunti mediante un cucchiaino in plastica dura o, se il bambino facesse fatica ad accettarlo, in silicone.
In questo periodo, entro l’anno, il bambino è in grado di controllare in maniera stabile il tronco e il busto e può quindi iniziare a bere l’acqua e gli altri liquidi dal bicchiere; inizialmente, in caso di difficoltà nella gestione dei liquidi si può ricorrere alle wonder cup, un bicchiere fornito di coperchio che il bambino deve leggermente premere con il labbro per far fuoriuscire il liquido, evitando di rovesciare l’acqua; sarebbe consigliabile evitare le cup con beccuccio che non inibiscono la suzione e dunque continuerà ad esserci una discreta spinta linguale.
Tutte queste tappe procedono rapidamente, passando da un semplice morso ad una masticazione rotatoria e la lingua sarà in grado di impastare e ripulire la cavità orale. Dai 2 ai 3 anni queste abilità si affinano e migliorano ed il bambino sarà in grado di gestire un pasto intero in maniera adeguata, senza sporcarsi eccessivamente e senza fatica.
Se queste tappe vengono effettuate nei tempi corretti, ricorrendo agli ausili di alimentazione solo per determinati periodi di tempo e togliendoli non appena l’abilità sarà appresa (se quindi il bambino è in grado di bere dal bicchiere o tazza perché continuare a dargli il biberon, magari allargando anche il foro di uscita per permettere al liquido di uscire più velocemente?) senza eccedere nei tempi si riduce in maniera significativa il rischio di sviluppare problemi di malocclusione, palato ogivale, persistenza di deglutizione infantile nel periodo della seconda infanzia.
Prevenire ed educare alle funzioni orali è meglio che rimediare con apparecchi e lunghi cicli di logopedia!
Il Servizio di logopedia dello Studio Valori è a disposizione per fornire ulteriori informazioni al riguardo.Potrebbe essere utile approfondire l’argomento leggendo la Guida messa a disposizione gratuitamente dalla logopedista dott.ssa Cerchiari, scaricabile al seguente link: http://www.gricoshop.it/download/guida-Cerchiari-web.pdf
Approfondimenti: Viaggio nella funzione alimentare del bambino da 0 a 3 anni di età - Antonella Cerchiari
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