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Dipendenza da Internet
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Psicologia
Dipendenza da internet e smartphone
lunedì, dicembre 18, 2017Marianna ArduDisturbo da dipendenza da internet/smartphone e alterazioni strutturali delle aree cerebrali
Lo sviluppo di Internet e la sua penetrazione diffusa ha cambiato profondamente ogni dimensione della vita pubblica e privata. In Italia è aumentata la quota di famiglie che dispongono di un accesso ad Internet da casa e di una connessione a banda larga. Le famiglie con almeno un minorenne sono le più attrezzate tecnologicamente: l’87,1% possiede un personal computer, l’89% ha accesso ad Internet da casa.
Internet è il virtuale per definizione, senza confini, senza limiti, né di spazio (è in ogni luogo, senza essere in alcun luogo), né di tempo (è pronto al consumo sempre).
Il Disturbo da Dipendenza da Internet ha riscosso una certa attenzione da parte della comunità scientifica. Le nuove dipendenze, o “dipendenze senza sostanza”, si riferiscono a una vasta gamma di comportamenti anomali: tra esse possiamo annoverare il gioco d’azzardo patologico, la dipendenza da TV, da internet, lo shopping compulsivo, le dipendenze dal lavoro.
Lo Smartphone va di pari passo con internet; basti pensare ai messaggi, senza i quali c’è chi non riesce più a stare. Recenti studi riferiscono di adolescenti che passano notti insonni per controllare ripetutamente se il loro cellulare, obbligatoriamente acceso 24 ore su 24, è latore di qualche messaggio. Esso rappresenta un altro modo virtuale e mediato per scaricare nell'immediato tensioni e bisogni che andrebbero elaborati in relazioni dirette, stabili e sicure.
Si definisce “nomofobia” l’attaccamento allo smartphone, che è molto simile a tutte le altre dipendenze sopra citate, in quanto causa delle interferenze nella produzione della dopamina, il neurotrasmettitore che regola il circuito celebrale della ricompensa: in altre parole, incoraggia le persone a svolgere attività che credono daranno loro piacere. Ciò implica che ogni volta che un soggetto vede apparire una notifica sul cellulare sale il livello di dopamina, perché pensa che ci sia in serbo per lui qualche cosa di nuovo e interessante. Il problema però è che non possiamo sapere in anticipo se accadrà davvero qualche cosa di bello, così si ha l’impulso di controllare in continuazione innescando lo stesso meccanismo che si attiva in un giocatore di azzardo.
In letteratura sono riportati numerosi studi di neuro-immagine, che rivelano come, oltre a modifiche della materia grigia, la dipendenza da Internet/Smartphone possa alterare l’integrità micro-strutturale delle principali vie neurali. Inoltre, una dipendenza a lungo termine provocherebbe anomalie cerebrali strutturali che sarebbero associate a disturbi funzionali nel controllo cognitivo.
Gli studi evidenziano, in sintesi, come tale dipendenza comporti cambiamenti strutturali e funzionali a scapito di regioni cerebrali coinvolte nei processi emotivi, decisionali, di attenzione esecutiva e di controllo cognitivo, al pari della dipendenza da sostanze.
Come per le altre dipendenze, dunque, anche per la dipendenza da Internet/Smartphone è possibile, dopo una corretta diagnosi, attivare un percorso di psicoterapia al fine di potenziare le life skills. L’obiettivo è quello di sviluppare il self empowerment e le competenze digitali, in modo tale che la persona cresca con le competenze culturali adeguate per vivere nella società dell’informazione e delle nuove tecnologie, senza cadere nell'uso problematico di questi strumenti.
Tale tipo di dipendenza rappresenta un problema di portata sociale che riguarda ad oggi non solo gli adulti, ma anche e sempre di più i soggetti in età evolutiva, proprio come abbiamo modo di osservare quotidianamente nella nostra pratica clinica.
Per qualsiasi dubbio o chiarimento in merito a questa delicata e sempre più attuale tematica, gli psicologi dello Studio Valori sono a disposizione degli utenti.
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Psicologia
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Il bambino aggressivo e l'intervento psicologico
giovedì, novembre 02, 2017Marianna Ardu
"L'aggressività è un'energia, una forza vitale presente nel bambino sin dalla nascita,
quindi ancor prima che possa esprimere i suoi impulsi intenzionalmente”. (D.W.Winnicott)
L'aggressività è quindi una pulsione sana e funzionale ai bisogni di crescita del bambino.
D.W.Winnicott, pediatra e psicanalista infantile, scriveva che "l'aggressività fa parte dell'espressione primitiva dell'amore, ed è legata all'oralità del bambino, all'esperienza sia fisica che mentale della fame, al piacere, al nutrimento ed alla sua insoddisfazione, che genera frustrazione, rabbia e ostilità, e desiderio di distruggere proprio l'oggetto di desiderio e di amore".
D.W.Winnicott parla di due facce della stessa medaglia, ovvero nutrire e distruggere. Ciò significa che l'aggressività, se mal gestita, può diventare energia distruttiva per sé e per gli altri.
Nell'educazione del bambino è importante:
• trasmettere l'esistenza di entrambe le due facciate
• insegnare a gestire il piacere ma anche la frustrazione derivante dalle esperienze quotidiane con il cibo, con i desideri, nei rapporti con le altre persone.
L'aggressività è pertanto un impulso da educare perché, senza un’adeguata gestione della stessa, il bambino tenderebbe istintivamente ad esplosioni di rabbia, fino ad indirizzare tale energia verso sé stesso o gli altri. Di conseguenza, in momenti di crisi o di opposizione, tale comportamento potrebbe innescare la tendenza a fare del male agli altri o a sé, indicando quanto, in questi casi non ci sia un’ adeguata interiorizzazione e consapevolezza nel bambino del concetto di limite e di pericolo.
È importante sapere che prima di potere incanalare le tendenze aggressive il bambino deve imparare a riconoscerle dentro di sé. Questo avviene iniziando a "dare un nome" ed un significato alle azioni che mette in atto, trasformandole prima in emozioni, poi in sentimenti ed intenzioni.
La trasformazione, dall’azione al pensiero, è fondamentale perché consente al bambino di accettarla come parte di sé e di conseguenza di controllarla come fa già per ciò che conosce. Questa sorta di elaborazione mentale avviene già in modo molto semplice nei bambini, attraverso il gioco ed il sogno per esempio, che permettono di rappresentare ad un livello simbolico i piccoli conflitti interiori. Ma è principalmente nella quotidianità con il prezioso supporto del genitore, che il bambino impara a controllare gli impulsi e le reazioni emotive.
Se tale sentimento non si struttura adeguatamente durante il percorso di crescita, può esitare in aggressività eccessiva, intesa come reazione incontrollata, ed incapacità di tollerare le minime frustrazioni, influendo negativamente sulla qualità di vita del bambino e quindi sul suo sviluppo affettivo e sociale. In entrambi i casi sono fondamentali l'educazione data nell'ambiente familiare e la gestione dinanzi alle sue prime "bizze", ai suoi attacchi di rabbia, ostilità o gelosia.
L'aggressività è energia, quindi se presente in eccesso e mal gestita, ha buone probabilità di diventare “patologica” in età evolutiva, favorendo la strutturazione di particolari disturbi come ad esempio l’iperattività o i comportamenti oppositivo-provocatori.
A lungo termine, senza un intervento adeguato, per il bambino potrebbe diventare “normale” comportarsi in un certo modo fino a sviluppare già in preadolescenza problematiche antisociali, vandalismo, bullismo ed abuso di sostanze.
Quando l’aggressività nel bambino diviene eccessiva ed incontrollabile, può essere indicato l’intervento psicologico, in cui la presa in carico deve coinvolgere sia il bambino sia i genitori.
Il successo di tale intervento dipende dalla tempestività con cui si realizza, dalla flessibilità nell'applicare il trattamento più indicato al singolo e al suo nucleo familiare e possibilmente nel promuovere alcune abilità prima che le tendenze a comportamenti problematici diventino problemi manifesti.
Le psicologhe dello Studio Valori sono a Vostra disposizione per eventuali dubbi e domande in merito a questo tema.
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DSA
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D.S.A.= Diverse Strategie di Apprendimento
lunedì, ottobre 09, 2017Marianna ArduSTUDIO VALORI offre un colloquio informativo gratuito per i genitori che sospettano difficoltà di apprendimento!
Lo Studio VaLoRi, in occasione della settimana della dislessia appena trascorsa... Ha deciso di offrire un colloquio informativo gratuito dedicato ai genitori che sospettino la presenza di difficoltà di apprendimento dei propri figli. Durante il colloquio si osservano i quaderni e si ricostruisce la storia scolastica dell’alunno, analizzando come procedere da un punto di vista diagnostico.
Questo perché è fondamentale conoscere i Disturbi dell'Apprendimento per affrontarli con Diverse Strategie di Apprendimento!
È proprio con l'acronimo "D.S.A.= Diverse Strategie di Apprendimento "che l’Associazione Italiana Dislessia (AID) ha deciso di rinominare la seconda edizione della Settimana della Dislessia, iniziata il 2 ottobre e conclusasi l'8.
L’iniziativa ha voluto sensibilizzare e informare la popolazione sulle tematiche dei Disturbi di Apprendimento, argomento che risulta ancora semi-sconosciuto dalla maggior parte della popolazione.
Quante volte vi sarà capitato di dire o di sentire: “oggi non so parlare, sono dislessico!”, ma cos'è in realtà la dislessia?
La dislessia (come gli altri disturbi specifici quali disortografia, disgrafia e discalculia) è una “caratteristica” con base neurobiologica che riguarda l’area della lettura, ovvero alcune aree cerebrali deputate all'apprendimento funzionano in maniera diversa, con conseguente lentezza nella lettura e/o la presenza di errori (confusione di lettere, anticipazione della parola in maniera errata…).Tali difficoltà possono impattare in maniera significativa nell'apprendimento, motivo per cui lo studente, pur avendo un ottimo profilo cognitivo e dunque essendo intelligente, fatica a studiare, memorizzare informazioni, si distrae facilmente… è dunque necessario che la scuola attivi un Piano Didattico Personalizzato (PDP) che consideri le caratteristiche dell’alunno emerse a scuola e alle valutazioni cliniche, permettendo allo studente di seguire la programmazione didattica curricolare utilizzando gli strumenti personalizzati, necessari al raggiungimento degli obiettivi didattici (es. sintesi vocale, maggior tempo a disposizione).
Per conoscere gli eventi proposti dalla sede torinese dell’AID clicca qui : https://torino.aiditalia.org/it
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Approccio multidisciplinare DSA
Disturbi dell'apprendimento
DSA
Aspetti emotivi e psicologici nei bambini con Disturbo specifico dell'apprendimento
martedì, settembre 12, 2017Marianna ArduI Disturbi specifici dell'apprendimento (DSA) sono disturbi del neurosviluppo che riguardano le capacità di lettura, scrittura e calcolo.
Oggi i DSA rappresentano uno dei problemi più rilevanti con cui si confrontano bambini e famiglie ma anche altre figure professionali come neuropsichiatri, logopedisti, psicologi, insegnanti.
Attualmente bambini in età scolare con sintomatologie che si avvicinano ai DSA sono presenti nella maggior parte delle classi primarie e si stima che vi sia una presenza di tali disturbi del 3-4% della popolazione scolastica.
In seguito alla diagnosi di DSA, la famiglia e i bambini/ragazzi vengono informati su quali siano le misure compensative e dispensative che potranno utilizzare per facilitare l'apprendimento.
Spesso poi si intraprende un percorso mirato al miglioramento delle strategie di studio e di apprendimento e, anche con la famiglia, ci si sofferma sull'aspetto scolastico. Gli aspetti didattici non sono sicuramente da sottovalutare, la scuola infatti rappresenta per i bambini/ragazzi un compito primario e di grande rilevanza, tuttavia spesso si rischia di tralasciare gli aspetti emotivi e si dimentica che dietro a queste difficoltà scolastiche ci sono individui portatori di sentimenti.
Una diagnosi, qualunque essa sia, porta con sè alcuni vissuti emotivi che variano da individuo ad individuo, ma che implicano comunque sentimenti di rabbia e frustrazione per ciò che si sta vivendo, un senso di impotenza e spesso di inferiorità rispetto agli altri. È importante non sottovalutare questi aspetti e ricordarsi sempre che i bambini e le famiglie vanno accolti in questo delicato momento ed aiutati a comprendere, oltre gli aspetti legati alla scuola, anche quelli legati ai sentimenti e alle emozioni. È importante spiegare, sia alla famiglia che ai docenti, che le difficoltà emotive andranno anche ad influenzare il rendimento scolastico, questo perché la percezione che il bambino avrà di sé lo porterà a mettere in atto alcuni comportamenti piuttosto che altri.
I bambini infatti potranno pensare di sé di non essere capaci a fare certe cose e quindi non proveranno neanche ad iniziare il compito. Si parla di “stile attributivo” che corrisponde al modo in cui ciascuno di noi si dà una spiegazione del perché gli eventi accadono.
Nei bambini con DSA, spesso questo stile tende ad essere“impotente” (“non sono portato a fare quella cosa e non ci provo neanche)” oppure“pedina”(stile fatalistico che ritiene che le cose vadano come devono andare). I bambini con questi stili non traggono beneficio nè dai successi (attribuiti alla fortuna) nè dagli insuccessi (non dipendono da me).
Entrambi questi stili hanno come risultato il poco impegno e quindi la conseguenza sarà l'insuccesso.
Questi bambini presentano anche bassa autoefficacia (percezione delle proprie abilità nell'affrontare un compito) che quindi li porterà ad avere una bassa autostima e di conseguenza problemi nelle relazioni con i coetanei.
La famiglia, i servizi e la scuola dovranno lavorare proprio su questi aspetti per riuscire a prevenire i problemi legati all'autostima. Per quanto riguarda il lavoro sulle emozioni, esso risulta necessario in particolare per prevenire eventuali fobie scolari nate dagli insuccessi scolastici e quindi favorire una visione positiva della scuola. E’ compito dello psicologo intervenire su tali tematiche predisponendo per il bambino un lavoro sempre individualizzato.
Può essere utile un'impostazione metacognitiva basata sull'idea che gli studenti debbano riflettere sulle proprie motivazioni e strategie per poterne trovare una loro. In questo percorso svolge un ruolo fondamentale anche la famiglia.
All'interno di un contesto bio-psico-sociale, risulta fondamentale il ruolo della famiglia. Essa, svolge un ruolo di supporto all'apprendimento scolastico, in quanto le aspettative genitoriali guidano la motivazione e quindi l'apprendimento del bambino.
La famiglia sarà quindi uno strumento importante in quanto i genitori rappresentano le persone più competenti ed informate sul proprio figlio, per questo è fondamentale un coinvolgimento di questa nel processo diagnostico, riabilitativo e terapeutico.
Per ulteriori approfondimenti e chiarimenti lo Studio Valori rimane a vostra disposizione.
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Buon Ferragosto da tutto lo Studio Valori!
Vi ricordiamo che da Lunedì 28 Agosto riprenderanno le regolari attività di Studio.
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Studio Valori sarà chiuso dal 7 al 25 Agosto! Nell'augurarvi di trascorrere con gioia e spensieratezza le vostre vacanze, vi informiamo che da Lunedì 28 Agosto riprenderanno le regolari attività di Studio.
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Massofisioterapia
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Prevenzione e Massofisioterapia
lunedì, giugno 26, 2017Marianna ArduMigliorare il proprio stile di vita con la massofisioterapia
Il massofisioterapista è un professionista che, partendo da un attento studio della persona, mira a risolvere principalmente problemi posturali, dolori muscolari ed infiammazioni articolari. Tramite una dettagliata anamnesi al cliente, esegue una valutazione del caso, che successivamente verrà trattato in base alle esigenze e criticità emerse.Massaggio terapeutico connettivale |
Tecar Terapia |
Si cercherà sempre di coinvolgere la persona attraverso l’educazione, la consapevolezza e la responsabilizzazione, per riuscire ad adottare meccanismi posturali consoni alle proprie abitudini quotidiane e lavorative. Infatti, generalmente ed inconsapevolmente, queste vengono consolidate in modo scorretto per poca informazione ed attenzione.
È fondamentale sottolineare come sia possibile ricorrere al massofisioterapista in qualsiasi momento della propria vita, non solo in seguito ad un trauma o dolore, ma anche per migliorare una condizione o prevenire una situazione più dolorosa. Un massaggio oppure una terapia aiutano ad esempio a combattere dolori lombari, cervicali o a prepararsi ad un evento sportivo.
Benessere Psico-Fisico |
Frequentemente le persone accusano dolori cervicali a causa di tutte quelle tensioni in cui quotidianamente ci si imbatte; in tali casi, un massaggio terapico decontratturante consentirà di eliminare quella spiacevole sensazione di capogiri e mal di testa, migliorando così l’approccio alla giornata e, in generale, il proprio stile di vita.
di Paolo Mina - massofisioterapista
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Benessere psico-fisico per tutti i clienti dello Studio Valori
Dal mese di maggio 2017 lo Studio Valori ha inserito nel proprio team di specialisti il dottor Paolo Mina, Laureato in Scienze Motorie e Massofisioterapista.Il Dott. Mina è un professionista specializzato nel recupero di disturbi e deficit del movimento, causati da una patologia o da traumi quali stiramenti, distorsioni, contusioni, tendinopatie, lombalgia (mal di schiena), lombosciatalgia (dolore a nervo sciatico), dolori cervicali, patologie dolorose della spalla e altri disturbi.
In un’ottica completa di benessere psico-fisico, Studio Valori inizia con entusiasmo questa collaborazione rispondendo alle richieste dei suoi pazienti e ai loro bisogni.
Il dottor Paolo Mina, quindi, metterà a disposizione la sua professionalità per tutti i clienti dello Studio Valori che richiederanno un appuntamento.
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DSA
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Tecnologie compensative a supporto degli studenti D.S.A.
venerdì, aprile 21, 2017Marianna ArduStrumenti compensativi tecnologici, una risorsa per l'apprendimento scolastico
Al giorno d’oggi la varietà e l’accessibilità degli strumenti informatici rende possibile e più immediato l’utilizzo di queste tecnologie non solo nella presa in carico riabilitativa, ma anche e soprattutto nella vita scolastica, rendendo i soggetti D.S.A. maggiormente autonomi e indipendenti nell'esecuzione dei compiti e nello studio individuale.
Perché sono importanti?
Sovente i genitori riportano come criticità osservata nella vita scolastica dei propri figli la scarsa autonomia nello studio e nello svolgimento dei compiti: lo studente necessita di una figura adulta che lo aiuti a leggere, corregga gli errori ortografici, riassuma quanto letto sui libri di testo. Le tecnologie compensative, se usate costantemente e dopo un periodo di addestramento, permettono proprio di sopperire a tutto ciò. Con tecnologie compensative ci si riferisce ad un sistema di risorse per l’apprendimento scolastico che permettono di bypassare le difficoltà di lettura e/o di scrittura. È importante sapere che l’efficacia di questi strumenti è strettamente correlata alla capacità d’uso: non basta fornire computer e programmi, anche se di qualità, agli alunni con DSA, ma dei professionisti qualificati (logopedisti /tutor dell’apprendimento/ insegnanti formati) devono aiutare il soggetto a familiarizzare e sfruttare al massimo le potenzialità dello strumento che ha di fronte.Quali sono i principali strumenti a disposizione?
Sicuramente tra i più noti vi sono la sintesi vocale, i programmi di editor di testi e i software per la creazione di mappe concettuali, ma in commercio si possono trovare anche i software per la dettatura, per il riconoscimento OCR, smart-pen, quaderni intelligenti etc.Non esistono strumenti adatti a priori ad ogni studente, lo specialista di riferimento e gli insegnanti dovrebbero individuare quelli maggiormente idonei per ciascun alunno e, in accordo con la famiglia, individuare quello più adatto in questo momento sulla base dei costi, dell’accessibilità e delle caratteristiche dell’alunno.
Sul sito dell’associazione italiana dislessia è possibile visionare ciò che è attualmente disponibile in termini di strumenti compensativi tecnologici, sia gratuiti che a pagamento.
Approfondiamo gli Strumenti Compensativi Tecnologici
- Sintesi vocale. è uno strumento estremamente importante per tutti quei bambini e ragazzi che presentano difficoltà in lettura. La sintesi consente di ascoltare, anziché leggere, un testo tratto da un qualsiasi supporto digitale. Grazie all’Associazione Italiana Dislessia (AID) e al progetto “Libro AID” è possibile, previa iscrizione all'associazione, scaricare da Internet i libri di testo adottati in classe e acquistati in formato cartaceo; in questo modo lo studente ha la possibilità di seguire la lezione sul medesimo libro dei compagni, “leggendo con le orecchie” mediante pc o tablet quanto presente sul libro. Fortunatamente oggi la maggior parte delle case editrici forniscono la possibilità di scaricare dal proprio sito internet numerosi contenuti multimediali e, spesso, anche il libro digitale (soprattutto di scuola primaria).
- Editor di testi e correttore automatico. Sono strumenti fondamentali per tutti quei bambini e ragazzi che presentano difficoltà in scrittura in termini di correttezza ortografica e/o grafomotoria; la scrittura a pc su un apposito editor di testo infatti, permette allo studente di vicariare la scrittura manuale che, in special modo nei soggetti disgrafici, risulta essere estremamente faticosa e spesso inintelligibile. La presenza di un correttore automatico permette invece di segnalare l’errore, consentendo successivamente di auto-correggerlo. In commercio esistono diversi programmi di editor, alcuni ben noti come ad esempio Microsoft Word, tuttavia, nelle prime fasi di apprendimento ovvero in scuola primaria, può essere utile adottare appositi software che presentano un’interfaccia accattivante e di facile accesso, oltre che a funzioni integrative (es: possibilità di aggiungere in maniera semplice immagini nei testi etc).
- Strumenti per lo studio: l’importanza dell’utilizzo di mappe concettuali per lo studio e per la rievocazione di concetti per gli alunni D.S.A. è ormai cosa nota, per la loro creazione sono disponibili programmi free e a pagamento che consentono di creare mappe digitali integrando conoscenze tratte dai libri di testo (eventualmente già multimediali) con immagini e stringhe di testo colorate.
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Ci stiamo preparando alle festività pasquali e ne approfittiamo per dirvi che lo studio rimarrà chiuso esclusivamente nelle giornate di lunedì 17 e Martedì 25 Aprile.
Un augurio di serenità da Loredana e Giulia
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Fobia scolare
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Psicologia
Dalla fobia scolare all'esperienza interculturale
lunedì, aprile 03, 2017Marianna ArduLa storia di Claudia...dalla fobia scolare all'esperienza intercultura in Costa Rica
“L’ansia mi ha sempre accompagnato fin dalle scuole elementari. Sarà per colpa di quella maestra troppo severa o per predisposizione genetica fatto sta che crescendo la mia ansia è cresciuta con me.I miei genitori capirono che qualcosa non andava, ero chiusa, avevo ansia da prestazione e facevo fatica a esprimere le mie emozioni, così decisero di farmi fare qualche colloquio con degli psicologi dell’ASL. Secondo i test risultavo una bambina con un’intelligenza molto ben funzionante e con una sintomatologia di tipo ansioso. Avevo 9 anni quando iniziai a frequentare gli psicologi per colloqui occasionali.
Il problema si fece più serio al mio ingresso nelle scuole medie. A 11 anni ero una ragazzina ansiosa e cicciottella, due caratteristiche che non giovano certo a chi si trova in una classe di pre-adolescenti scalmanati e a volte a dir poco maleducati. Non mi trovavo bene a scuola. Prima delle interrogazioni stavo davvero male, arrivavo davanti ai professori e tremavo come una foglia e alla prima risposta sbagliata andavo nel panico con il risultato che le mie pagelle a malapena superavano la sufficienza.
In quel periodo lasciai anche la pallavolo a causa della mia allenatrice che, guarda caso, mi metteva troppa ansia.
La terza media fu il momento peggiore. La mattina mi svegliavo con i crampi allo stomaco e un mal di testa lancinante, mi piegavo in due dal dolore e non appena i miei genitori decidevano di lasciarmi a casa da scuola subito mi sentivo meglio. La mia ansia era diventata vera e propria fobia scolare.
Non mi alzavo più dal letto e non uscivo mai di casa per paura di incontrare qualche compagno di classe, stavo male tutti i giorni, soffrivo di emicrania e somatizzavo a tal punto da essermi fatta venire un’ulcera allo stomaco. Ricominciai quindi a frequentare ogni settimana lo studio della mia psicologa e anche una neuropsichiatra e iniziai a prendere psicofarmaci tra cui anche antidepressivi. Come mi piace spesso sottolineare quando parlo della mia esperienza non sono stati i farmaci ad aiutarmi ma la terapia psicologica.
In questi anni la cosa più importante che ho imparato è che la nostra mente può giocarci brutti scherzi ma è anche un’arma potentissima. Attraverso il mio percorso psicologico sono riuscita ad alzarmi dal letto, preparami, aprire la porta di casa e varcare il cancello della scuola per ogni giorno da un anno a questa parte. Ho abbandonato gli psicofarmaci e se prima rischiavo di essere bocciata ogni anno ora sono la secchiona della classe e sono felice di esserlo perché nella mia classe, alle superiori, i miei compagni mi vogliono bene.
Da poco inoltre ho vinto una borsa di studio e quest’estate partirò e passerò sei mesi in Costa Rica da sola, in una famiglia che non conosco e frequenterò una scuola sconosciuta a migliaia di chilometri da quella cameretta che mi teneva ancorata al letto...”
Questo articolo vuole essere una testimonianza positiva per tutti coloro, bambini e adulti,che abbiano un disturbo d'ansia: attraverso il trattamento psicologico, si può lavorare sul proprio disagio e trovare giuste strategie di gestione dei pensieri disfunzionali che lo determinano. Dall'ansia si può guarire!
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Autolesionismo
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Pianezza
Autolesionismo in adolescenza e supporto psicologico
lunedì, febbraio 27, 2017Marianna Ardu
Alcuni adolescenti si tagliano la pelle fino a farsi sanguinare, specialmente sui polsi, sulle braccia, sulle cosce o sulla pancia. Questo fenomeno viene definito “scarificazione” e risulta attualmente in aumento soprattutto tra le ragazze, suscitando incomprensione, sconcerto e senso di colpa nei genitori.
Questa incisione dell’epidermide può provocare sanguinamento e lasciare un segno indelebile sotto forma di cicatrici permanenti. Secondo i dati di cui disponiamo, la scarificazione è una pratica a cui gli adolescenti iniziano a sottoporsi a partire dagli 11-12 anni, con particolare diffusione tra le ragazze. Il fenomeno è stato associato a diverse pratiche di marchiature fisiche, come il tatuaggio o il piercing. Gli psicologi rilevano una forte recrudescenza di questo fenomeno: si sottopone a scarificazione una percentuale compresa tra il 5 e il 10% di adolescenti. Tuttavia, è difficile fornire dati precisi, perché si tratta di una pratica che suscita vergogna e che, come tale, è spesso tenuta nascosta.
All'origine di tale azione vi è, nella maggioranza dei casi, l'impossibilità di dar voce alla propria sofferenza interiore. L'adolescente, assalito da un'angoscia che non riesce a comunicare e a gestire in maniera funzionale, aggredisce il suo corpo in quanto ha l'impressione che questa pratica lo calmi. La pubertà, a causa degli sconvolgimenti fisici che produce nell'adolescente, lo rende estraneo al proprio corpo del quale il giovane cerca di riappropriarsi attraverso la scarificazione. Il dolore fisico è infatti più sopportabile del dolore psichico. Tuttavia, l'effetto di calma è di breve durata.
A questa pratica può anche essere associato il bisogno di autopunirsi, soprattutto nelle ragazze. Quando non si amano o pensano di non essere amabili, è facile che esse indirizzino questa negatività contro se stesse e che si infliggano un dolore, tale e tanto è il senso di vergogna che provano.
Tra le cause responsabili, inoltre, vi è il bisogno di appartenenza. Al disturbo identitario di cui soffre l'adolescente, la scarificazione offre la possibilità di appartenere a un gruppo. A tale proposito, gli effetti di Internet su questo fenomeno non sono trascurabili. Questo comportamento a rischio è notevolmente manifesto in Rete, ove sempre più ragazzi sofferenti esprimono il proprio disagio. Purtroppo, ciò può provocare un effetto di emulazione, stimolando alcuni giovani a passare all'atto pratico, laddove da soli non penserebbero di mettere in atto condotte simili.
Il genitore che si accorga che il proprio figlio compie atti di autolesionismo dovrebbe tentare, con delicatezza, di parlargli confidandogli di essersi accorto dei tagli che si infligge, mostrando la propria disponibilità a parlarne e chiedendogli come poterlo aiutare. Avviare il dialogo non è impresa semplice, anche tenendo conto del rapporto genitore-figlio adolescente, caratterizzato da intrinseche contraddizioni; in questo caso, se da un lato il ragazzo lancia una richiesta di aiuto, dall'altro si sta rendendo autonomo e deve separarsi dalle proprie figure di accudimento.
Senz’altro, in questi casi può essere utile rivolgersi a uno psicologo, poiché l’adolescente ha bisogno di una persona esterna ed esperta, con un atteggiamento non giudicante e non colpevolizzante. Lo psicologo può aiutarlo ad elaborare la sua sofferenza ed il proprio disagio, restituendogli una visione strutturata della fase di transizione che sta attraversando.
E’ altresì importante che il genitore tenga presente che tali condotte a rischio sono temporanee e legate alla crescita, pertanto non devono essere caricate di ansia eccessiva. Ciò che conta davvero per il ragazzo è che la sua richiesta di aiuto venga accolta e che possa essere “accompagnato” durante questo frangente della sua esistenza.
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Questa incisione dell’epidermide può provocare sanguinamento e lasciare un segno indelebile sotto forma di cicatrici permanenti. Secondo i dati di cui disponiamo, la scarificazione è una pratica a cui gli adolescenti iniziano a sottoporsi a partire dagli 11-12 anni, con particolare diffusione tra le ragazze. Il fenomeno è stato associato a diverse pratiche di marchiature fisiche, come il tatuaggio o il piercing. Gli psicologi rilevano una forte recrudescenza di questo fenomeno: si sottopone a scarificazione una percentuale compresa tra il 5 e il 10% di adolescenti. Tuttavia, è difficile fornire dati precisi, perché si tratta di una pratica che suscita vergogna e che, come tale, è spesso tenuta nascosta.
All'origine di tale azione vi è, nella maggioranza dei casi, l'impossibilità di dar voce alla propria sofferenza interiore. L'adolescente, assalito da un'angoscia che non riesce a comunicare e a gestire in maniera funzionale, aggredisce il suo corpo in quanto ha l'impressione che questa pratica lo calmi. La pubertà, a causa degli sconvolgimenti fisici che produce nell'adolescente, lo rende estraneo al proprio corpo del quale il giovane cerca di riappropriarsi attraverso la scarificazione. Il dolore fisico è infatti più sopportabile del dolore psichico. Tuttavia, l'effetto di calma è di breve durata.
A questa pratica può anche essere associato il bisogno di autopunirsi, soprattutto nelle ragazze. Quando non si amano o pensano di non essere amabili, è facile che esse indirizzino questa negatività contro se stesse e che si infliggano un dolore, tale e tanto è il senso di vergogna che provano.
Tra le cause responsabili, inoltre, vi è il bisogno di appartenenza. Al disturbo identitario di cui soffre l'adolescente, la scarificazione offre la possibilità di appartenere a un gruppo. A tale proposito, gli effetti di Internet su questo fenomeno non sono trascurabili. Questo comportamento a rischio è notevolmente manifesto in Rete, ove sempre più ragazzi sofferenti esprimono il proprio disagio. Purtroppo, ciò può provocare un effetto di emulazione, stimolando alcuni giovani a passare all'atto pratico, laddove da soli non penserebbero di mettere in atto condotte simili.
Il genitore che si accorga che il proprio figlio compie atti di autolesionismo dovrebbe tentare, con delicatezza, di parlargli confidandogli di essersi accorto dei tagli che si infligge, mostrando la propria disponibilità a parlarne e chiedendogli come poterlo aiutare. Avviare il dialogo non è impresa semplice, anche tenendo conto del rapporto genitore-figlio adolescente, caratterizzato da intrinseche contraddizioni; in questo caso, se da un lato il ragazzo lancia una richiesta di aiuto, dall'altro si sta rendendo autonomo e deve separarsi dalle proprie figure di accudimento.
Senz’altro, in questi casi può essere utile rivolgersi a uno psicologo, poiché l’adolescente ha bisogno di una persona esterna ed esperta, con un atteggiamento non giudicante e non colpevolizzante. Lo psicologo può aiutarlo ad elaborare la sua sofferenza ed il proprio disagio, restituendogli una visione strutturata della fase di transizione che sta attraversando.
E’ altresì importante che il genitore tenga presente che tali condotte a rischio sono temporanee e legate alla crescita, pertanto non devono essere caricate di ansia eccessiva. Ciò che conta davvero per il ragazzo è che la sua richiesta di aiuto venga accolta e che possa essere “accompagnato” durante questo frangente della sua esistenza.
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Siamo in Via San Pancrazio 56/B a Pianezza
Convegno
Neuropsichiatria Infantile
News
Primo premio poster neuropsicologia al convegno Sinpia
martedì, gennaio 24, 2017Marianna ArduStudio Valori al Convegno Sinpia
Dal 7 al 9 Ottobre 2016 si è riunito ad Alghero il 27° Congresso Nazionale della SINPIA (Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza), un’Associazione Scientifica che raduna gli specialisti in Neuropsichiatria Infantile a livello nazionale, con l’obiettivo di: favorire lo sviluppo della ricerca e la promozione dell’aggiornamento culturale nell'ambito della prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione delle patologie neurologiche, neuropsicologiche e/o psichiatriche dell’infanzia e dell’adolescenza (da 0 a 18 anni) e di tutti i disordini dello sviluppo del bambino nelle sue varie linee di espressione (psicomotoria, linguistica, cognitiva, intellettiva, relazionale).Nel corso del Congresso i partecipanti hanno l’opportunità di esporre i progetti di ricerca e di studio di cui si sono occupati, sotto forma di poster o di brevi comunicazioni orali all'assemblea. Gli elaborati prodotti da ricercatori al di sotto dei 35 anni inoltre concorrono, suddivisi in base all'argomento in 5 diverse sezioni scientifiche, per i premi assegnati dall'iniziativa “GIOVANI SINPIA”.
Dottoressa Donata Notari, Neuropsichiatra Infantile, Studio Valori |
A partire dalle osservazioni riportate dai genitori e dagli insegnanti che hanno accettato di partecipare, lo studio si propone di comprendere e descrivere i comportamenti più frequentemente osservati dagli adulti di riferimento nei bambini dai 2 ai 12 anni per quanto riguarda la sfera dell’affettività e della sessualità infantili, allo scopo di fornire dati aggiornati che possano costituire un riferimento e uno spunto di riflessione per chi riveste un ruolo genitoriale ed educativo.
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